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Nascita di un progetto culturale

di Paolo Aresi

La premessa

La cultura siamo noi, siamo i nostri pensieri, sono le nostre emozioni, sono le nostre abitudini, ragionamenti: che diventano il nostro mondo, la vita. Che diventano il saper accudire le bestie, il sapere far fruttare i campi, che diventano il sapere costruire le case, le chiese, realizzare opere d’arte, libri, canzoni, poesie.

La cultura è il sapere. Da quello del contadino e dell’operaio a quello dello scienziato, del filosofo, del poeta.

Ebbene, senza memoria non siamo nulla. Provate a immaginare una persona, una qualsiasi persona, e toglietele la memoria: vagherà come un bimbo, completamente persa, senza la possibilità di riconoscere più la realtà.

La cultura è qualcosa che nasce dal pensiero e dal sentimento che si sviluppano attorno a un oggetto: la terra, il legno, l’acqua, l’amore, la bellezza… È il nostro sapere che dialoga con la natura per dare vita a tutto quanto ci circonda, a cominciare dal paesaggio.

Quando il dialogo con la natura si interrompe, quando l’uomo rompe gli argini dell’equilibrio, allora la sua cultura genera mostri. Il massacro del territorio compiuto in questi ultimi decenni ci illustra bene che cosa voglia dire rompere questo equilibrio, infrangere il patto firmato con la natura dall’inizio dei tempi.

Ogni persona, ogni comunità, ogni luogo ha una sua cultura che differisce un poco da quella degli altri. Conservarla è un dovere, conoscerla un privilegio, un viaggio di scoperta.

Ebbene, senza memoria non siamo nulla. Provate a immaginare una persona, una qualsiasi persona, e toglietele la memoria: vagherà come un bimbo, completamente persa, senza la possibilità di riconoscere più la realtà.

La proposta

Un giorno, Maurizio Forchini, allora presidente di Promoserio, mi ha telefonato dicendo di avere un’idea: cercare di raccogliere il grande patrimonio culturale immateriale della ValSeriana, in modo da non disperderlo e da renderlo alla portata di tutti. Ha aggiunto che tanti libri parlano della valle, di tradizioni, lavori, riti, conoscenze, ma che si trovano un po’ qua e un po’ là: non esiste un centro dove siano organizzati e reperibili.

Lo stesso accade nella rete, “online”.

È vero, è così. Poi mi ha fatto la proposta: che cosa ne pensi di dare una mano a immaginare un sito Internet e magari anche delle pubblicazioni cartacee che illustrino quanto più possibile questa ricchezza? Un sito Internet che racconti storia, storie, sapienza della Valle? Per conservare e fare conoscere i “beni immateriali”.

Io ho risposto che si trattava di un’impresa veramente enorme, che era una grande sfida e che proprio per questo era giusto affrontarla.

E così siamo partiti. Per prima cosa, bisognava confrontarsi con chi qualcosa del genere lo stava già facendo, abbiamo così organizzato un incontro con i responsabili del Centro Studi Valle Imagna e con il Centro storico Valle Brembana “Felice Riceputi”; ci siamo trovati attorno a un tavolone nella sede di San Pellegrino, accanto alla stazione della funicolare. Sia il centro della Valle Imagna, sia quello della Valle Brembana, hanno compiuto un lavoro mirabile per conservare il patrimonio culturale di quei territori. Soprattutto, ma non esclusivamente, lo hanno fatto attraverso pubblicazioni cartacee, i libri per la Valle Imagna, il “Quaderno” annuale per la Val Brembana. Dal 2001 dura l’opera del centro “Riceputi” (la

dedica è a uno dei fondatori), dal 1993 quello valdimagnino.

Era stato un incontro importante, erano state presentate le difficoltà, ma anche gli obiettivi, le strategie dei due centri.

Gli obiettivi coincidevano con i nostri: promuovere la conoscenza e la diffusione del patrimonio storico e culturale, conservare e ripubblicare documenti geografici, letterari, dialettali, ma anche registrazioni e audiovisivi, sensibilizzare la gente, fare conoscere questo patrimonio e fare capire la sua importanza, pro-

muovere corsi, convegni, iniziative di promozione turistica.

La nostra iniziativa

Tutte cose importanti. Nel nostro ragionamento abbiamo aggiunto due elementi: l’inserimento di tutto

il materiale in un sito Internet e il contatto e l’incontro “programmato” con tante realtà, persone, gruppi della valle che custodiscono una parte del patrimonio culturale. I custodi del patrimonio.

Ci siamo subito resi conto che ci imbarcavamo in un’iniziativa che non avrebbe mai avuto fine. Al momento ci era sembrato impossibile affrontare in poche persone una tale mole di lavoro.

Poi ci siamo detti che si trattava di un falso problema: noi dovevamo soltanto preparare e avviare la macchina, percorrere il primo chilometro. O, se si preferisce un’altra metafora, dovevamo dissodare il

terreno e adagiare il seme, poi questo lavoro senza fine sarebbe cresciuto con l’aiuto di tutti, un po’ come avviene per Wikipedia. L’aiuto di tutti e un coordinamento al centro.

Il Web sarebbe diventato la

grande casa, la casa democratica perché aperta a tutti, dell’immenso patrimonio della valle, della radice di quello che noi siamo. Ci siamo messi al lavoro. Bisognava comunicare a tutti questo sogno, a

tutte le persone, a tutti i Comuni, a tutte le associazioni.

Per iniziare si sono mossi tre organismi principali: Promoserio, la Comunità Montana Valle Seriana, l’Università degli Studi di Bergamo, grazie a un finanziamento del GAL Presolana e Laghi Bergamaschi

e al supporto del BIM – Consorzio del Bacino Imbrifero Montano del Lago di Como e Fiumi Brembo e Serio.

Ci si può chiedere il perché di questa esigenza, perché le valli bergamasche abbiano ritenuto importante ricordare, ragionare, riflettere sulla propria cultura. E perché proprio adesso. Penso che ci siano due elementi di fondo: da un lato la rapidità dei cambiamenti, che stravolgono il nostro modo di vivere. Dall’altro,

e di conseguenza, la necessità di mettere a fuoco e stabilizzare la nostra identità. Soffia ormai dagli anni Cinquanta un vento impetuoso di mutamento.

Sono arrivati il cemento, la televisione, l’industrializzazione a modificare dopo la guerra la nostra sonnacchiosa realtà contadina, l’ordine di un mondo non facile, ma dove la realtà appariva stabile, con

connotati precisi e punti cardinali inamovibili. Certamente la fede religiosa era un cardine. Accanto aveva l’etica del lavoro, quella della famiglia, quella dei rapporti gerarchici, ben distanziati.

Dopo gli anni Settanta questo mondo è sembrato sgretolarsi ancora di più, le relazioni personali sono cambiate, la politica è entrata in una lunga fase critica, i movimenti migratori si sono fatti massicci.

Alla fine è arrivato il mondo del web a modificare la percezione della realtà. Tutto questo ha fatto pensare al

rischio di smarrirsi e, davanti a questo pericolo, è stato naturale cercare di affermare chi siamo, da dove veniamo.

Perché noi tutti arriviamo da un passato, da un mondo ben preciso, e camminiamo verso il futuro.

Ebbene, senza memoria non siamo nulla. Provate a immaginare una persona, una qualsiasi persona, e toglietele la memoria: vagherà come un bimbo, completamente persa, senza la possibilità di riconoscere più la realtà.

Fermare la memoria, fissarla, ribadirla è necessario a una società per non perdersi.

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